domenica 15 settembre 2013

LA DONAZIONE DI COSTANTINO IL GRANDE

Falsi. Mai la parola è stata in auge come oggi. Il popolo italiano si è scoperto improvvisamente un esperto linguista.
La televisione, la radio, i giornali, i discorsi personali oggi sono intrisi di questa piccola, corta parola che è espressa per qualificare una serie di argomenti uniti da un unico sottofondo: la falsità.
“Falso ideologico, falso in bilancio, falso in atto pubblico, falso materiale, falso positivo (informatica), falso documentale…”ecc.
Se fosse un film la scena iniziale potrebbe descrivere un esercito di “vù comprà” che in fila su una spiaggia offre prodotti di abbigliamento griffati a metà prezzo, oppure un Consiglio di amministrazione dove è illustrato il bilancio o l’amante che dichiara all’avvenente fanciulla di essere scapolo e il fortissimo desiderio di sposarla mentre ogni tanto guarda l’orologio per non fare tardi a casa dove l’attendono moglie e prole.
Ma il “falso” è sempre esistito.
Questo non è un romanzo e neanche un film. E’ un misto tra storia e leggenda.
Costantino si ammala di lebbra (dal greco "lepròs", scabroso). Non si è mai saputo quando la terribile malattia sia sorta, chi dice nell'XI, chi nel XII o nel XIII, ecc. Fatto sta che per evitare la contaminazione i lebbrosi dovevano farsi riconoscere suonando un campanello o una tavoletta lignea con percussione metallica.
E’ una tragedia: l’imperatore è lebbroso. Si chiamano subito i sacerdoti pagani che – nel tripudio della macabra narrazione – suggeriscono a Costantino di sgozzare bambini e riempire con il loro sangue una fontana di sangue caldo nella cui immersione l’imperatore avrebbe tratto la sua guarigione; peggio della strage degli innocenti voluta da Erode (che alcuni studiosi ritengono una leggenda).
A Costantino, pur malato, ripugna quella soluzione. Egli non vede l’ora di liberarsi da quegli ospiti; dà loro splendidi regali e li licenzia. Giunge la notte.
Si può immaginare quanto fosse agitato il sonno dell’imperatore. Ecco apparirgli gli apostoli Pietro e Paolo che sussurrano: “Va dal papa Silvestro. Ti indicherà una fonte. Ti immergerai e sarai guarito. (secondo altri la guarigione sarebbe stata condizionata dal battesimo - doppio falso: il fatto storicamente sembra improbabile). In cambio dovrai restaurare tutte le chiese cristiane nel mondo (a Roma si direbbe:”…una spesa da niente…”) e ti convertirai al vero Dio.”
Proseguiamo. Costantino richiama il papa – che si sarebbe rifugiato in una grotta del Monte Soratte, insieme a tutto il clero, per fuggire alle persecuzioni di Costantino stesso (cfr. Actus Silvestri), leggenda nella leggenda - e alla fine guarisce.
Ed eccoci arrivati al grande falso: un editto apocrifo del 30 marzo 315 con il quale l’imperatore avrebbe concesso al papa e ai suoi successori il primato sui patriarcati di Roma, Costantinopoli, Alessandria d'Egitto, Antiochia e Gerusalemme.
Non solo. L’editto avrebbe attribuito ai pontefici le insegne imperiali e la sovranità temporale su Roma, l'Italia e l'intero Impero Romano d'Occidente.
Per glorificare tutta l’operazione, infine, la donazione sarebbe stata consegnata dallo stesso Costantino al papa Sivestro dopo averla posta sopra la tomba di Pietro.
Sembra che quel grande falso fosse utilizzato la prima volta dal papa Stefano II per ingraziarsi Pipino il Breve contro i Longobardi (anno 756) e poi ogni volta che la Chiesa volle far valere i propri diritti sui territori.
Per farla breve, alla fine Leone IX nel 1053 introdusse l’editto  nel Decretum Gratiani e in altre raccolte di Decretali.
Attenzione però. L’editto era vero? Gli intellettuali avevano preso di mira l’editto…e quando si muovono gli intellettuali la cosa può farsi pericolosa…
Su questa linea critica si era già mosso il cardinale Nicola Cusano, fino a che nel 1440 lo studioso Lorenzo Valla condusse un approfondito esame dell’editto negandone la veridicità, anche se solo nel 1517 riuscì a pubblicarne i risultati (De falso credita et ementita Constatini donatione declamatio) e per di più (potremmo dire ovviamente) in ambiente protestante.
Le contestazioni muovevano dall’uso di barbarismi latini, dalla menzione di Costantinopoli (ancora non fondata) e di varie contraddizioni. Addirittura la Chiesa cattolica inserì l’opuscolo del Valla tra i cd. Libri proibiti.
Scrive Lorenzo Valla: “Per prima cosa dimostrerò che Costantino e Silvestro non erano giuridicamente tali da poter legalmente l’uno assumere, volendolo, la figura di donante e poter quindi trasferire i pretesi regni donati che non erano in suo potere e l’altro da poter accettare legalmente il dono (né del resto lo avrebbe voluto).”
Lasciamo qui per ora il Valla e torniamo indietro.
I sovrani non avevano mai preso in seria considerazione la Chiesa, anzi ogni tanto c’era una persecuzione. Poi avvenne il miracolo.
Nel 315 Costantino I, imperatore d’Occidente (in Oriente regnava l’imperatore Licinio) emette il cd. Editto di Milano, proibendo le persecuzioni e dichiarando l’Impero come unità neutra nei riguardi di ogni fede.
Diciamola tutta. Secondo alcuni Costantino era un furbacchione, conscio che l’appoggio della Chiesa avrebbe evitato pericolose capriole al suo impero. Da un lato, continuò ad essere sempre il pontifex maximus del culto di stato pagano e fu battezzato solo in punto di morte (Pentecoste del 1337), ma dall’altro visse rispettando i principi cristiani nei cui riguardi fece istruire i propri figli.
Stabilì la domenica come giorno festivo, abolì la crocifissione e la lotta tra criminali come gladiatori, permise il lasciti alla Chiesa, fornì i fondi per la basilica lateranense e la Chiesa di S.Pietro - proprio sulla tomba dell’apostolo -  e sostenne la madre Elena per la costruzione della chiesa del S.Sepolcro a Gerusalemme e della Natività a Betlemme.
Storie e leggende, vere e false.
E’ il 28 ottobre 312. A Roma Costantino combatte contro Massenzio sul ponte che Massenzio aveva fatto costruire accanto al Ponte Milvio. I soldati hanno una croce sullo scudo.
Costantino ha sognato (o visto secondo altra versione) una grande croce nel cielo con la scritta “In hoc signo vinces” e fa dipingere sui propri vessilli il segno che aveva visto in cielo, corrispondente  al chi-rho (il cd. monogramma di Cristo), formato dalle prime due lettere “ΧΡ” della parola greca "CH-R-istos". Sotto queste insegne i soldati sconfiggono l'avversario.
Ma è vero? Sembra che ogni volta uno dica sì, altri dicano no.
Alcuni storici hanno insinuato che a quei tempi il culto del dio Mitra fosse molto diffuso tra i soldati di Costantino e per quel motivo essi avrebbero dipinto sullo scudo il simbolo mitriaco formato da una croce sovrapposta ad una X, con al centro un cerchio), simile al chi-rho.
Nota storica: Massenzio annega nel Tevere e la sua testa è portata in parata dai vincitori. (eh, sì, in quell’epoca non c’era molta “cavalleria”).
La Donazione: dunque il documento è stato riconosciuto falso.
Ma che fine ha fatto l’altro personaggio, quel papa Silvestro I che avrebbe ricevuto a Roma la donazione ?.
Povero Silvestro. Figlio di un certo Rufino romano e di una certa Giusta, era un papa con un carattere che definiremmo deboluccio, tant’è che alcuni lo ritenevano “l’uomo di Costantino”. Anche il battesimo di Costantino è falso poiché prove autorevoli dimostrerebbero che l’imperatore abbia ricevuto il sacramento da Eusebio, vescovo di Nicomedia.
Papa Silvestro non ricevette mai la donazione da Costantino. Quel documento, secondo Dollinger, fu costruito a Roma tra il 752 e il 777 finché fu definitivamente inserito nei falsi decreti nella metà del secolo seguente.
Tuttavia nessuno nega che Silvestro si sia avvantaggiato delle libertà che Costantino elargì alla Chiesa, ma solo quando, povero prete romano, salì sul trono papale. Il fatto è che i privilegi furono decisi da Costantino e Licinio nel 313 (quando era papa Milziade l’africano, morto nel 314).
Povero Silvestro. Costantino decide, con il titolo di vescovo, perfino i concili.
Nel 314 indice il concilio di Arles contro i donatisti. Costoro, vescovi africani intransigenti, si rifiutavano di riconoscere il vescovo di Cartagine, Ceciliano, consacrato da Felice, perché durante le persecuzione di Diocleziano aveva bruciato le Scritture. Il concilio condannò i donatisti e Costantino li perseguitò. Ma Felice risultò poi innocente e ci fu una grande confusione (termine alternativo a quello maschile popolare che meglio descrive tali situazioni), tanto che Costantino abbandona la lotta.
Gli ecclesiastici litigavano tra loro, ora che potevano alzare la voce. Così il grande Costantino indisse anche il concilio ecumenico a Nicea che condannò Ario e i suoi seguaci e confermò (gli uni contro gli altri armati, di sola voce per fortuna) la divinità di Gesù.
Dov’era il povero Silvestro nel frattempo? Al debole papa giungevano solo i resoconti, pur con solennità e rispetto. E tali prerogative dovevano essergli riconosciute anche dai contemporanei, se appena morto fu onorato come “Confessore”, onoranza attribuita dal IV secolo a chi ha sacrificato la vita a Cristo.
In effetti, anche se figura non luminosa nella storia della Chiesa, fu il primo papa ad occupare un posto di parità, seppur formale, con un imperatore e a capo di una Chiesa riconosciuta dallo Stato.
Morì il 31 dicembre 335, dopo 21 anni di pontificato.
Sepolto nel Cimitero di Priscilla sulla via Salaria, la sua salma trovò alfine riposo (si fa per dire), nel 1596, sotto l’altare maggiore della chiesa di San Silvestro in Capite.
Povero Silvestro. Il capo è conservato in un reliquiario nella sagrestia;  parte di una gamba era a S. Maria in Via Lata e resti di un braccio a S. Cecilia. Sue reliquie furono usate nel 1500 per la consacrazione dell’altare del tempietto del Bramante a S. Pietro in Montorio.
Oggi tutti lo ricordano, non fosse altro perchè la sua festa cade l’ultimo giorno dell’anno, tra i fuochi d’artificio.

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