domenica 15 settembre 2013

DONNA OLIMPIA PAMPHILI

DONNA OLIMPIA PAMPHILI

Alcuni ragazzi fanno lo jogging lungo i sentieri immersi nei prati. E’ una bella giornata piena di sole. Mamme con le carrozzine dei bambini, uno di loro ha un palloncino colorato legato al polso e lo guarda mentre si libra in alto. C’è anche chi porta il cane a spasso, regolarmente al guinzaglio. Sembra una scena del film “Mary Poppins”.
Ma attenzione, non è stato sempre così.
Tanti anni fa quella villa era chiusa al pubblico, era privata e apparteneva a una delle Donne più potenti di Roma, una “Papessa”.
Roma conobbe altre papesse e la più conosciuta fu Giovanna, alias Papa Giovanni VIII.
Donne potenti, astute, vogliose di potere (e non solo), fino ad arrivare tanto vicino ai potenti dell’epoca da sostituirsi a loro e governare dietro le quinte. Donna Olimpia dunque.
Donna Olimpia Maidalchini nacque nel 1592 a Viterbo,  ebbe origini umili e tanta voglia di elevare il suo stato sociale. La sua “carriera” iniziò quando mise gli occhi addosso a un mercante più avanti negli anni rispetto a lei e molto ricco. Era giovane e belloccia perciò la conquista non fu difficile.
A quell’epoca la vita non era molto lunga così il mercante morì e lei, a soli venti anni, si ritrovò con molti soldi e si guardò intorno. Stavolta il colpo fu ancora più grosso.
Pamphilio Pamphili era il fratello di Giovan Battista Pamphili, un cardinale destinato a diventare papa Innocenzo X che aveva trent’anni più di lei e vide nella ragazza il sogno della sua vita, sogno invero poco felice, ma lui non lo sapeva.
Bingo ! Ora Olimpia era Donna Olimpia Pamphili, rispettata e doverosamente ossequiata da tutta Roma, ma non dai Romani.
Chi è nato a Roma, chi è “romano de Roma”, sa che i concittadini sono sì menefreghisti, ma sanno parlare chiaro e forte. Così, in mancanza di giornali, radio e tv (private) usavano carta e penna con l’aiuto di una statua, quella di Pasquino, appunto. Un capolavoro di intelligenza, una o più menti fini e colte, un biglietto esplicativo. “Olimpia nunc impia”. Eh, sì, perché quel messaggio doveva essere decifrato: “Una volta=Olim, Pia, Adesso=nunc, Empia=impia”. Tutto questo perché si sparse la voce che la nobildonna fosse diventata l’amante del papa Innocenzo X, suo cognato, che la teneva vicino a sé come consigliera e la ricopriva di costosi doni, tra i quali il palazzo Pamphili a piazza Navona che divenne la sua residenza. Arrivò addirittura a far eleggere suo figlio Camillo ai fasti di cardinale, cardinale “sui generis” perché poi si fece dispensare per sposare Olimpia Aldobrandini.
Era la donna più potente di Roma. Ormai il popolo la chiamava “Pimpaccia”. Con la sua arroganza e i suoi appoggi papalini fece spostare il mercato da piazza Navona a Campo dei fiori, per allontanare rumori e confusione sotto le sue finestre. Ogni desiderio era accolto dal Papa senza indugio e così, per ampliare la piazza, fu ordinato di demolire una serie di case, con il compiacimento degli abitanti che è facile immaginare.
Ma Donna Olimpia aveva idee grandiose. Chiamò il Borromini per dirigere i lavori e chiamò a sé anche il Bernini per la costruzione delle fontane.
A fronte di tutta quella ricchezza il popolo soffriva la fame. Era il 1645 e c’era la carestia. Donna Olimpia viveva nei fasti e le donne di Roma allora chiamate cortigiane e oggi impropriamente “escort” si rivolsero a lei per far annullare due decreti che vietavano loro di andare in carrozza e in chiesa. Oggi si direbbe “e dov’è il problema?”, infatti il papa annullò le due norme.
Ma ahimé, tutto finisce. Il papa è morente. Donna Olimpia lo veglia con amorosi sensi imputabili al desiderio di portargli via, una volta morto, tutte le monete d’oro. E così avviene. Il nuovo Papa Alessandro VII la esiliò a San Martino al Cimino, intimandole di restituire il bottino, ma lei fece orecchie da mercante.
Colpita da peste, morì dopo due anni.
Ma non finisce qui. La tradizione vuole che la notte del 7 aprile la Pimpaccia corra all’impazzata guidando una carrozza trainata da quattro cavalli neri, secondo alcuni da Piazza Navona e secondo altri da Villa Pamphili fino a Ponte Sisto precipitando nel Tevere. Altri invece hanno detto di avere visto quel gruppo correre disperatamente dal palazzo del Papa a piazza Navona, percorrendo le stesse strade quando Donna Olimpia scappava con il tesoro, dopo la morte di Innocenzo X.


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